venerdì 20 giugno 2014

Il sortilegio dei mondiali e la magia del tifo contro

Dal Giornale del Popolo del 20 giugno

La prima volta che ho sentito parlare della nazionale di calcio spagnola ero ancora mediamente giovane, uscivo con una rispettabile frequenza e quella sera, in particolare, partecipavo a una visione comunitaria della partita accompagnata da un diluvio che costrinse tutti a togliersi i vestiti una volta arrivati in casa, trasformando un evento sportivo in una sorta di toga party senza nessuna connotazione spinta. Se non sbaglio allora le Furie Rosse vinsero il torneo in questione, che poteva essere un mondiale o un europeo. Non lo ricordo. E se bastano questi dettagli per qualificarmi come essere che di calcio non capisce nulla ma ne rispetta la sacralità capirete il mio imbarazzo. Un imbarazzo che condividerete se anche voi, come me, vi ritrovate la tv accesa alle ore più impensate per seguire stato sconosciuto contro stato minuscolo. Evidentemente accade lo stesso fenomeno che durante le Olimpiadi rende i maschi appassionati di curling: lì scoprono lo sport più impensato, qui qualunque nazione snobbata pure dalla carta geografica. Purché sia sport, purché sia calcio. «E per chi tifi?» «Tifo contro la Spagna, ovvio». E giù un diluvio di riprovazione e incredulità. Ma cos'è il tifo contro? Ma come si fa? E cosa impareranno le bambine? Nessuno arriva a cotanta bassezza. Peccato che il giorno dopo l'universo maschile di riferimento, interrogato, risponda tutto allo stesso modo: non c'è cosa più bella che tifare contro. «E se devi fare queste domande allora è meglio che ricominci col fuorigioco».

Cosa ne sarà di me quando ricomincerò a mangiare?


Dal Giornale del Popolo del 13 giugno
«Dice che è impossibile che io non sia sazia con quel frullato». «Davvero?» «Sì, sì, gli ho detto che forse è il fatto di non masticare nulla che mi da quella sensazione terribile di vuoto». «E qual è la soluzione?». «Le barrette, la soluzione sono le barrette». Sarà che di fronte alla cassiera e con la spesa già bella pronta sul nastro trasportatore non possiamo che dire tutta la verità e nient'altro che la verità, ma il grande dialogo ascoltato ieri al supermercato offre spazio per una tesi di dottorato di quelle finalmente interessanti. La signora molto magra con tanta voglia di masticare si accingeva a pagare due insalate già lavate, del pane e una interessantissima caciotta. Elementi, questi ultimi, che trattava con un distacco evidentemente riservato al cibo destinato a quella parte della famiglia che non ha dichiarato guerra ai latticini e ai carboidrati. Ma la domanda più interessante, nel dialogo delle dimagritissime signore, era quella sul futuro, cruciale e pericolosa come si trattasse di quella sul destino di un rapporto estivo. Cosa ne sarà di noi quando le giornate si accorceranno di nuovo e le vacanze finiranno? Cosa ne sarà di noi quando ricominceremo a mangiare? Lo sappiamo ma non lo confesseremmo neppure davanti alla cassiera del supermercato: tutto finirà, torneremo in città e quei jeans strettissimi che abbiamo esibito tutta l'estate torneranno a essere quello che è lui: un piacevole e irraggiungibile ricordo. Che però potremo rievocare masticando per tutto l'inverno.

La parte giusta (e bionda) della storia è una favola


Dal Giornale del Popolo del 6 giugno 
Non c'è più il principe azzurro. Noi dobbiamo ancora capire se, esattamente come i dinosauri, si è estinto o semplicemente esisteva solo nelle nostre fantasie e in qualche Jurassic Park. Nel frattempo però la notizia è che anche sognarlo non è più di moda. È quanto si apprende leggendo le riflessioni seguite all'uscita di Maleficient, il film Disney in cui Angelina Jolie è una strega cattiva enormemente più affascinante e bella della placida principessa bionda. Un film per il cui svolgimento e la cui trama il maschio, ovvero il principe azzurro, è assolutamente ininfluente. Non serve il suo bacio, il suo cavallo bianco è un mezzo di trasporto inutile. Qualche anno fa ci siamo liberate della sua necessaria avvenenza con Shrek (peraltro responsabile di una svolta pericolosissima per la popolarità del tipo umano del maschio simpatico e di contenuto), adesso possiamo farne del tutto a meno. Adesso aspettate un attimo. Prima di scomodare le serie tv e i modelli culturali, da Sex and the city in giù, che hanno fatto a pezzi la debolezza dei sessi. Prima di scuotere la testa pensando a quanto è rovesciato questo mondo in cui vivranno le nostre figlie. Prima di tutto questo pensate a Lady Oscar. Che era la più affascinante proprio perché vestita da uomo e ha iniziato a diventare una rompiscatole quando i maschi sono diventati più importanti della spada. E poi pensate al lupo cattivo. E pensate a Barbablù. E ditemi se davvero la parte “giusta” della storia non è mai stata nulla più che una favola.